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In morte di Giovanni Paolo II (02.04.2005) di Eugenio SCAGLIUSI

Santità, ci scusi!




Sono passati circa vent’anni e non trovo più le fotografie. Temo che le abbia perse mia madre, che ormai si dimentica tutto, non solo dove ha lasciato gli oggetti qualche minuto prima. Ma nonostante la mancanza di quelle fotografie, no, io non potrò dimenticare. E questo non certo perché le fotografie prima o poi mamma le troverà, o le troveremo quando lei non ci sarà più; tra l’altro potrei chiederle (come in effetti ho già fatto) a chi con me era presente a quell’incontro. Ma avrei voluto averle subito, oggi stesso, quelle fotografie. Perché quando ho detto ad alcuni amici che commentavano la morte di Giovanni Paolo II che l’ho incontrato durante una udienza privata, presenti non più di una ventina di anime in tutto, tra le quali per l’appunto la mia, non mi hanno creduto. Anzi, due di loro, pensando che fosse una colossale panzana, si sono fatti una bella risata e mi hanno mandato in coro e molto poco elegantemente a quel paese.
Io, invece, non ho riso affatto e, anzi, mi sono molto dispiaciuto. Quando riavrò quelle fotografie tornerò dagli amici per confermare loro che non avevo millantato né l’incontro né il ristretto numero dei presenti.


In altre occasioni ho visto Giovanni Paolo II da vicino. Ricordo, alcuni anni dopo, una udienza nella Sala Nervi: in quella occasione mi trovai fortunosamente vicino le transenne e vidi il Papa, avvicinatosi per salutare un bambino, a pochissima distanza.

Forse è per questa ragione, per aver avuto la possibilità di incontrare Giovanni Paolo II così da vicino, addirittura in una udienza privata, che non riesco a capacitarmi come si possa restare per ore in coda, anche di notte, con gravi ripercussione per l’ordine pubblico, per transitare davanti al feretro per pochi secondi, senza neanche potersi fermare.
Ho esternato le mie perplessità ad una persona, che si è poi affannata per spiegarmi in pochi minuti la grandezza di Giovanni Paolo II. L’ho ascoltato in silenzio. Poi ho voluto precisare che non avevo alcun dubbio a riguardo; ma non gli ho detto dell’incontro di venti anni fa. Temevo che ridesse anche lui. Forse ho sbagliato. Perché subito dopo mi sono lanciato in una accorata giustificazione della preghiera, quale momento di affidamento del Santo Padre al Signore. Ed ho sbagliato ancora: non credo proprio di essere la persona più adatta a tanto. Mi sono sentito anche blasfemo. In verità, dubito che siano in molti quelli che possano pregare “per” il Santo Padre. Forse sarebbe più giusto pregare “il” Santo Padre.

Mi ero chiesto: se rimangono in coda per dieci ore, almeno pregano o ridono e scherzano? Ed è poi giusto pregare mentre si fa una coda? Ma quanti hanno sentito l’esigenza di pregare o di partecipare ad una delle tante funzioni celebrate nelle nostre chiese?

Che paradosso: una piazza piena; le chiese vuote.
Non è un luogo comune. E non sono un disfattista; non lo sono mai stato. Ma quella piazza e quella via piene come non mai mi hanno fatto pensare alle nostre chiese piene solo a Natale ed a Pasqua.


C’è qualcosa che non va. Mi assale il dubbio che molti si ritengano cattolici anche senza l’eucaristia. Forse non ho capito niente io. Chiedo scusa, ma proprio non ho capito come si possa dirsi cattolici, correre dal Papa e, nella mia regione, votare come presidente un comunista dichiaratamente omossessuale. Con la benedizione di un bel numero di preti. Ma sicuramente ho sbagliato io. Mi riprometto di leggere nuovamente, quanto prima, la Familiaris consortio. Forse mi è sfuggito qualcosa. Mi sembrava di ricordare una esortazione di Giovanni Paolo II affinché le istituzioni dello Stato non offendano, ma sostengano e difendano positivamente i diritti ed i doveri della famiglia. Santità, mi perdoni; forse sono nuovamente blasfemo. Ma mi assale troppo spesso il dubbio che si sia esagerato, anche nella lettura dei suoi scritti, nella interpretazione dei suoi pensieri. Anche perché adesso mi sovviene che dieci anni dopo, nella Sua enciclica Centesimus annus, ci ha esortato a riflettere sulla sacralità della famiglia, quella fondata sul matrimonio, se mai potevano esserci dubbi.
Forse il mio scetticismo di questi giorni, la mia incomprensione per quella coda, è condizionata dalla delusione, anche per me, piccolo inconsistente politico provinciale da strapazzo, di un insuccesso elettorale.
Non credo, comunque, perché per quello ho già voltato pagina.


Però non posso non pensare, in questi giorni, alla magistrale lezione politica di Giovanni Paolo II. E non mi riferisco affatto al contributo alla crisi dell’ideologia comunista o alla denuncia dell’edonismo ed al capitalismo delle società occidentali.
Mi riferisco, invece, alla riscoperta del primato della persona, dell’uomo, con la sollecitazione della politica, ad ogni livello, a collaborare allo sviluppo dell’uomo e di ogni uomo.
Mi riferisco al significativo e reiterato richiamo al “partecipazionismo” che, se ha caratterizzato il Suo magistero sotto ogni aspetto, politicamente ha riguardato l’auspicio della creazione di strutture di partecipazione e corresponsabilità in grado di avvicinare ogni uomo allo Stato.
Mi riferisco alle prospettive assunte dalle Sue recenti elaborazioni, esposte nel recente Memoria ed identità, di concetti-chiave della politica troppo spesso strumentalizzati dalle ideologie: Patria, Nazione, Stato, Europa, Democrazia.
Mi riferisco al richiamo alla Chiesa a non farsi coinvolgere con le scelte di schieramento della politica italiana contemporanea ma, al tempo stesso, al richiamo ai cattolici a non ritenere ogni idea o visione del mondo compatibile con la fede, o anche ad aderire a forze politiche e sociali che si oppongono ai principi della dottrina sociale della chiesa sul rispetto della vita umana, sulla libertà scolastica, sulla famiglia.


Mi piace pensare che il successore di Giovanni Paolo II non potrà non tener conto del Suo pensiero politico, strettamente connesso con quello teologico, con la dottrina che ne è scaturita.
Da parte mia, misero politicante, mi affido un compito che sarà sicuramente arduo: rileggere tutto quello che ho letto in questi anni, perché forse non ho capito niente.

Santità, ecco la mia preghiera: mi aiuti a capire se mi è sfuggito qualche cosa; o se effettivamente non ho capito nulla. Adesso ne ho veramente bisogno. Chissà che, tra qualche tempo, insieme con la fotografia di venti anni fa non trovi anche altro.
(pubblicato in VIVERE IN, 2/2005, pag. 71 - 72)

P.S.:Le fotografie le ho trovate. Non dopo la morte di mamma, sette anni fa, ma solo due mesi fa, dopo la morte di papà, insieme ad altre cose, tra cui una copia della rivista con questo articolo. L'ho riletto ed ho deciso che lo avrei ripubblicato sul mio sito internet nell'anniversario della morte di Giovanni Paolo II. E come già feci a suo tempo, mi è venuta voglia di rileggere alcune cose: quelle cui facevo riferimento nella parte finale dell'articolo. No, mi scuso ancora, ma non mi ero sbagliato. Il tempo mi ha fatto trovare le foto; ma non mi ha fatto trovare altro per indurmi a cambiare opinione. Almeno non ancora.

Però, grazie, pa', per avermi dato occasione di rileggere alcune cose... Proverò a pensarci ancora. Se avete resistito alla lettura, fatelo anche voi.

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