Il 18 maggio 1920 a Wadowice, cittadina a sud della Polonia, nacque Karol Wojtyla destinato a diventare Giovanni Paolo II, il Papa amato dai fedeli che ha segnato la storia del suo tempo in modo significativo
Non è facile parlare di papa Giovanni Paolo II. Non è semplice riassumere la figura di un uomo che con la sua forza e umiltà cambiò ancora una volta il volto della Chiesa Cattolica. Forse quell’eccezionalità oggi è stata messa un po’ in ombra da Jorge Mario Bergoglio, ma chi ha vissuto giorno dopo giorno i 26 anni, 5 mesi e 17 giorni di pontificato non può dimenticare le emozioni, i gesti rivoluzionari, le parole toccanti, i sorrisi e le lacrime che quell’uomo venuto dalla Polonia ha saputo regalare al mondo intero. Perché se «sostituire il nuovo scordando il vecchio» pare essere un po’ il difetto o la condanna dell’essere umano, quando si parla di Karol Wojtyla, no.
Fin da subito si è avuta la sensazione di essere di fronte ad un grande uomo prima ancora di aver la consapevolezza di trovarsi accanto ad un grande papa. Ad iniziare dall’anno in cui fu eletto: era l’anno dei 3 papi considerato che arrivò quasi inaspettato, come un fulmine a ciel sereno, dopo la meteora di Papa Luciani, Pontefice per appena 33 giorni e morto in circostanze mai del tutto chiarite. Mai accaduto nella storia, un evento eccezionale, che non lasciava certo presagire che trascorso il tempo ci saremmo trovati a discutere dell’anno dei due papi ancora in vita.
Eppure quella fumata bianca, il 16 ottobre 1978, tra l’incredulità della gente, dopo due giorni di Conclave e otto scrutini cambiò la storia. Dalla loggia della Basilica di San Pietro papa Giovanni Paolo II si presentò al mondo quasi scusandosi: «Non so se posso bene spiegarmi nella vostra, nostra lingua italiana...Se sbaglio, mi corrigerete». Anche lui veniva «da un Paese lontano» come disse dinanzi alla folla esultante, addirittura dalla Polonia, uno stato ancora soggetto alla dittatura comunista. Non solo, aveva appena 58 anni. In molti si interrogarono su chi sia quell’uomo chiamato a raccogliere l'eredità di Albino Luciani. Chi era Karol Wojtyla, papa Giovanni Paolo II, 264esimo successore di Pietro, i cattolici di tutto il mondo hanno avuto modo di impararlo presto. È il Papa che confessa i fedeli come un comune parroco. Il Papa che infila la ''fiteuah'', chiedendo perdono per la responsabilità dei cristiani nell'antisemitismo, tra le pietre millenarie del Muro del Pianto come un semplice ebreo. È il primo Papa a varcare la soglia di una sinagoga dal tempo degli apostoli, a Roma nel 1986. Il primo ad entrare in una moschea, a Damasco nel 2001, e a varcare la soglia di una chiesa luterana nel 1987. È Il Papa che va in vacanza, che scia che fa costruire una piscina a Castelgandolfo. È il papa che pochi giorni dopo la sua elezione, nell'omelia della messa d'inaugurazione del pontificato, pronunciò parole dense di significato: «Non abbiate paura! Aprite, anzi, spalancate le porte a Cristo! Alla sua salvatrice potestà aprite i confini degli stati, i sistemi economici come quelli politici, i vasti campi di cultura, di civiltà, di sviluppo. Non abbiate paura! Cristo sa cosa è dentro l'uomo. Solo lui lo sa!». Parole che hanno segnato la storia del Novecento in modo indelebile.
Il suo nome è destinato a rimanere impresso a futura memoria anche in chi non ha avuto l’onore di conoscerlo, di ascoltarlo, di imparare ad amarlo.
Quasi 27 anni sono difficili da riassumere. Forse sono racchiusi tutti nei suoi ultimi anni di vita, quando sofferente, ormai logorato dal morbo di Parkinson, ha continuato a testimoniare in maniera ancor più commovente della sua totale consegna a Dio. Con una dignità non facile da trovare in un uomo qualunque. Il campione della fede, il gigante mediatico, lo stratega geo-religioso che contribuì in modo decisivo al crollo dei regimi comunisti innescato dai movimenti sindacali della sua Polonia, ha parlato a stento, nella sua ultima apparizione pubblica. Lo stesso silenzio che è calato il 2 aprile 2005 su piazza San Pietro quando alle 21.37 iniziarono a circolare le prime voci certe del suo «passaggio alla casa del padre». Lo stesso silenzio che ha accompagnato i 3 milioni di pellegrini, confluiti a Roma per rendergli omaggio.
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